Il suo sogno era quello di diventare artista pubblicista, la sua storia nel suo nome: Andy Warhol.

Il padre indiscusso della Pop Art è sbarcato a Roma presso il Complesso del Vittoriano – Ala Brasini, dove le sue opere oltre a ricordi della sua vita, potranno essere ammirate fino al 3 febbraio 2019.

L’esposizione dedicata all’artista simbolo e mito americano, è stata realizzata in occasione del novantesimo anniversario della sua nascita, prodotta e organizzata dal Gruppo Arthemisia in collaborazione con Eugenio Falcioni & Art Motors srl e curata da Matteo Bellenghi.

Oltre 170 le opere esposte insieme a veri e propri cimeli della sua esistenza e testimonianza del segno indelebile che l’artista americano ha lasciato nei tempi d’oro dell’America dello Studio ’54, di Liz Taylor, dei Rolling Stones e dei grandi stilisti italiani che hanno decretato il successo del Made in Italy nel mondo come Giorgio Armani e Valentino Garavani.

La mostra di Roma si apre con l’opera più iconica della sua arte e certamente quella più attesa e desiderata dal grande pubblico: la serie di Marilyn Monroe, la riproduzione serigrafica più nota al mondo.

La serigrafia, tecnica fredda di stampa, ha permesso a Warhol di esprimere appieno la sua anima ambivalente di artista e pubblicitario. I grandi dell’epoca facevano la fila per aggiudicarsi un loro ritratto in serie e moltissime di queste sono esposte nella mostra.

Dalla prima sala delle grandi tele, si vieni attirati da una musica coinvolgente e colori psichedelici. Si cambia completamente regime e ci si ritrova immersi in un’installazione floreale in cui luci e colori danzano al ritmo dei Rolling Stones.

Dalla musica alla pubblicità passando per Mao Tse-tung. Tra tele dai colori sgargianti e i ritratti sulle t-shirt, si apre lo spazio dedicato alla riproduzione delle lattine Campbell’s Soup, quando inizia il suo percorso per la “democratizzazione dell’arte” non più relegata alle sole elité ma fruibile in un supermercato come in un museo.

Warhol aveva compreso appieno la forza del messaggio pubblicitario e, insieme all’alterazione dei colori, con questi elementi giocava per conferire il grande impatto comunicativo alle sue opere.

Secondo il suo punto di vista l’arte doveva essere “consumata” come qualsiasi prodotto commerciale e fu proprio questa la chiave del suo successo.

Il percorso espositivo torna a “suonare forte” e ci si trova così davanti alle mitiche copertine degli album realizzate da Warhol raffiguranti immagini e simboli passati alla storia come la banana di The Velvet Underground & Nico del 1967, i jeans di Sticky Fingers dei Rolling Stones del 1971, e molte altre. Per entrare nel mood di quegli anni, le note di alcuni dei brani più famosi di quegli album escono dalle cuffie a disposizione dei visitatori, con l’obiettivo, perfettamente riuscito, di rendere l’esperienza della mostra ancor più memorabile.

Nelle sale successive il tributo ai diversi protagonisti del fashion e dello star system degli anni ’80. Immortalati per essere impressi sulle tante polaroid, forniscono uno spaccato della vita mondana di quegli anni e conferiscono ancora più significato all’approccio di Warhol.

Il primo artista “manager di sé stesso” che ha saputo creare un connubio indissolubile tra le differenti forme d’arte oltre alla capacità di fare business. Warhol è, infatti, stato un pittore, scultore, sceneggiatore, produttore, regista, direttore della fotografia, montatore e attore.

“Nel futuro ognuno sarà famoso nel mondo per 15 minuti”

Warhol, con questa frase, aveva forse predetto l’avvento dei social media?

Il photoboot presente in chiusura del percorso espositivo permetterà a tutti i visitatori di essere immortalati per divenire delle vere icone pop da condividere con tutti i vostri follower!

Ognuno può essere famoso per 15 minuti ma solo pochi possono entrare nel mito.

Wharol l’ha fatto e grazie alle sue opere senza tempo quel mito è ancora e sempre parte di noi.